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04/10/2018 – Ballito (Durban)

Decidiamo di alzarci con comodo, ma visto gli orari a cui si va a letto alle 6 abbiamo già gli occhi aperti.

La colazione della guest house è notevole, sopratutto la veranda con vista sul quartiere di Blue Water. Le case sono tutte belle, l’oceano di fronte, ma le recinzioni elettrificate, gli alti muri e nessuno per strada a me mette a disagio.

La giornata è poco impegnativa, più che altro un trasferimento con un volo interno fino a Durban per evitare più di mille poco interessanti chilometri.

Lasciamo la guest house e arriviamo al Waterfront di Port Elizabeth. Concordato con il posteggiatore abusivo cifra e modo di pagamento seguiamo la strada pedonale che costeggia la spiaggia. È un percorso che si fa, con molta calma, in 45min più ritorno.

La spiaggia non è molto bella, a parte il porto industriale sullo sfondo ci sono parecchie rovine di cemento che suggeriscono remoti usi a scopo commerciale. Tornati alla macchina paghiamo il posteggiatore e facciano un rapido giro per il centro. Non è un granché, difatti non scendiamo nemmeno dalla macchina.

Passiamo da un benzinaio per il pieno e riportiamo alll’autonoleggio Ubuntu. Vista la copertura totale ce la caviamo in poco tempo e possiamo entrare nell’aeroporto.

Siamo parecchio in anticipo e ci fermiamo nel ristorante (singolare). Leila insiste per una pizza a mezzo e, obtorto collo, accetto. Arriva una pizza di tutto rispetto che non ti saresti mai aspettato qui. La classifico come la seconda migliore all’estero dopo quella australiana di Melbourne.

 

Imbarcati i bagagli dopo un’ora siamo sull’aereo e dopo un’altra scendiamo a Durban. Prendiamo possesso di Econ, la nuova macchina, una Hundai X-Trail 4×4, una baracca gigantesca, chi mi conosce sa che non sono un fan di queste vetture.

Prendiamo la strada per Ballisto, abbiamo deciso di saltare Durban un po’ per il costo degli alberghi, un po’ sulle norme di sicurezza da adottare, un po’ perché alcune delle cose che volevamo vedere, tipo il giardino giapponese, sono state vietate dal consolato americano ai propri dipendenti per l’alto numero di crimini.

Arriviamo alla Jakitas Guest House, un posto molto raffinato gestito da una signora con gusti ricercati. Ci fermiamo con la signora e con il suo aiutante Samuel per qualche chiacchiera prima di ripartire.

Per cena scendiamo Al Pescatore, in riva al mare, dopo avere camminato un po’ e guardato i vari ristoranti. Per i veggie in Sudafrica butta male e spesso capita come scelta italiano. È questo il caso è prendo una pizza alle verdure che non è certo quella del pranzo. Leila prende un rump (carne di manzo) e patatine, molto buono per lei, ma non pari a quello di Cape Town al Food Market.

Da bere un capitolo a parte: io un birra Castle, che non è mai entusiasmante, Leila prima un Mojito che fanno senza zucchero e con due cannucce rotte, poi chiede un bicchiere di vino e la cameriera schizza via senza chiedere cosa e torna con lo sfusone della casa, non proprio di prima qualità. Incredibile che lo sfusone sia presente anche qui.

Tornati alla guest house passiamo la sera con la proprietaria e il suo assistente dove continuiamo a scoprire lo stato del paese visto che ci invitano a fare tutte le domande che abbiamo. Come dicevano i ragazzi di Outdshoorne il principale problema è la corruzione. Un po’ come in Italia, ma all’ennesima potenza. Ad esempio non ci sono autobus perché sabotati dai taxisti e questo spiega le decine di autostoppisti.

Entriamo anche nel mondo delle tradizioni Zulu, Samuel ci racconta un po’ di usi e della fatica di adattamento di un mondo tradizionale con il nuovo Sudafrica post Apahrteid.

Facciamo molto tardi per gli standard Sudafricani e a mezzanotte andiamo in camera a dormire.

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