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02/09/2016 – Big Island – HIlo

Sveglia presto, chiudiamo le valige e con uno shuttle bus che passa dall’albergo andiamo all’aeroporto.

Qui il concetto di self checkin è stato spinto a limiti estremi, adesso ti stampi e incolli anche l’adesivo per i bagagli che imbarchi. Mentre chiudevo l’adesivo, come visto mille volte, mi sono reso conto che avrei demandato volentieri l’operazione ad un professionista. Il numero di mutande per i giorni seguenti dipende fortemente dalla precisione di questa manovra.

Abbiamo tempo per una colazione all’aeroporto. Ci fermiamo in un posto dove Leila prende uova fritte e vari pezzi di un povero maiale, io una omlette veggie veramente orrenda. Soprassediamo sul prezzo, ma si sa dove si è.

Il volo dura … niente, le poltrone sembrano quelle di un autobus. Passiamo da Alamo a ritirare l’automobile, una Hunday Accent ribatezzata George. E’ senza grosse pretese, ma fa bene il suo mestiere.

Arriviamo al nostro B&B, l’Hilotown Hale, dove i titolari ci avvisano che siamo gli unici clienti e mancano persino loro. Seguendo le loro istruzioni che contemplano il muovere due candelabri, un passaggio segreto e pronunciare una frase segreta riusciamo ad entrare.

La casa è carina, esattamente come si vede in televisione. Tutto legno dalle pareti al pavimento e soffitti, niente è in muratura. Strana e immotivata sensazione di fragilità …

Il pomeriggio andiamo verso la Waipi’o Valley per vedere uno dei più famosi panorami delle Hawaii. Il tempo è pessimo, ma talmente variabile che riusciamo in un’ora a vedere quattro stagioni, dalla nebbia fitta ad un barlume di sole.

Tornando indietro ci fermiamo da Donna’s Cookies a comperare dei biscottini. E’ un piccolo negozietto sulla strada che abbiamo visto casualmente passando. I biscotti sono sensazionali e ci vendo anche il loro caffè. Per loro si intende quello che si erano fatti per loro!   🙂

Sulla via del ritorno sosta alle Akaka Falls, ma piove talmente forte che soprassediamo. Da lontano non sembrano un granchè, forse riproviamo domani.

Gli americani hanno tanti difetti, ma sanno davvero valorizzare il loro ambiente. Seguiamo le indicazioni per una fantomatica Scenic Route che ci porta a passare in mezzo ad una foresta e a costeggiare il mare. Sosta in riva a questo dove l’impeto delle onde è davvero impressionante.

Ritornati all’albergo per cambiarci siamo pronti per la serata.

La scelta è tra i ristoranti hawaiiani, non ce ne sono molti. Scegliamo Coconut Girl, un po’ fuori dal centro.

Il posto è commovente, ha gli arredi del King Kamehameha Club e una atmosfera festante degna di un cimitero. Le scelte vegetariane sono irrilevanti opto per un piatto di funghi in salsa e Leila per delle polpette di granchi. I miei funghi sono praticamente in brodo, con un sapore di Maggi preminente. Le polpette di Leila fanno altrettanto schifo. Le birre artigianali però non sono male. Nonostante tutto, recidivi prendiamo un dolce: dei gelati in tempura. Arrivano tre palle da bowling pralinate di fritto o di biscotti Oreo. Le prime due forchettate sono convincenti, la terza stomachevole.

Per digerire la cena facciamo due passi per il centro di Hilo. E’ tutto buio, piove che Dio la manda e la gente è molto, molto strana! Si passa dalla tizia che scaracchia per terra ogni minuto, a quelli senza denti, da quello in pigiama alla ragazzina ubriaca alle 21:00. Non fraintendetemi, nessun senso di timore, ma lo stranimento è continuo.

C’è un ristorante di Sushi dove la gente mangia a fianco a tavoli non occupate con le sedie sopra, del resto è venerdì sera, vuoi non chiudere alle 21:00?

Dopo una mezz’ora di avanti e indietro per le due strade illuminate torniamo alla macchina e ci riavviamo verso il B&B. Per fortuna Tom Tom trova sempre la strada perchè con le strade al buio io non ho saputo più tornare indietro.

Vediamo cosa ci riserva Hilo per la serata di domani, sarà pure sabato!

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