Sveglia alle 5:00, taxi per Dalaman alle 5:30 (gli alberghi possono prenotarlo a tariffa agevolata), aereo alle 8:10 per Istanbul Sabiha Gokcen. Il volo interno dura poco più di un’ora ed essendo un low cost non contempla nessun servizio. La colazione si può però prendere all’aeroporto di Dalaman dove un croissant, una torta, e due caffè costano € 16, nel disappunto generale e internazionale.
Arrivati all’aeroporto e uscendo dritti c’è la linea di autobus Avatas con due destinazioni: il porto del quartiere di Kadıköy oppure piazza Taksim, dal quale si può arrivare alla metro che porta a Sultanahmet. Non so se per i disordini, ma a noi al box della Avatas hanno suggerito la prima soluzione. Quindi: salire sull’autobus, scendere al capolinea, prendere il ferry per Sultanahmet, prendere il tram direzione Sultanahmet (3 fermate) e si arriva in pieno centro. Ovviamente con il sole a palla e oltre 30° non tutto è così semplice. Ad esempio tra il ferry e il tram ci sono un paio di sottopassaggi.
A Istanbul oltre al caldo è arrivato anche il turismo. La piazza tra Ayasophia e la Mosche Blu adesso è fitta di gente, per non parlare dell’ingresso del Topkapi. Noi passiamo la giornata a gironzolare per le vie, adesso la pianta della città comincia ad essere chiara. Proviamo il Gran Bazar, ma è chiuso.
Dopo una sosta in albergo (il caldo è incredibile) siamo andati a piedi al pier di Eminönü dove abbiamo preso l’autobus 99. Dopo circa 4-5 fermate siamo scesi a …, dove c’è una grande moschea. Da qui abbiamo iniziato a vedere un sacco di gente, abbiamo pensato ci fosse una sorta di festa. Ho approfittato per provare il gelato, che qui viene preparato in maniera differente. La consistenza è tipo quella del mou, il sapore … insomma. Magari sarebbe anche buono se preparato con ingredienti naturali, ma il colore della fragola sembrava uscito da una fabbrica chimica.
Seguendo le indicazioni per Telegraph si arriva ad una funivia che porta in cima alla montagna a Pierre Loti. Noi abbiamo fatto un’ora di fila per poi scoprire al ritorno che la strada a piedi non era così lunga. Il panorama da sopra è meraviglioso, si domina su una grande fetta di Istanbul, la parte del Corno d’oro. Qui il turismo è prettamente del posto, forse gente di Istanbul in giro il pomeriggio (ma la domenica è festa qui?), forse proveniente da altre regioni.
Tutti si fermano nei bar vicini per bere qualche cosa, ovviamente non alcolici e difatti non troviamo nemmeno un posto da sederci. La via del ritorno passa attraverso un enorme cimitero, difatti si vedono le tombe di personaggi più o meno famosi. Per la cronaca il rito mussulmano contempla la sepoltura in terra semplicemente avvolti in un sudario.
Al ritorno questo piccolo “quartiere” si è riempito di migliaia di persone. Per cercare un ristorante abbiamo imboccato una via laterale e siamo finiti in un posto dove credo nessun turista abbia mai messo piede. Qui si parla solo turco, ma riesco a fare capire che sono vegetariano. Mi portano la sorba di lenticchie e la pizza al formaggio, a Leila invece una specie di Kefta, difficile ricordarne il nome. Tutto buono, ma reso indimenticabile dalla ambientazione. La gente passava e ci parlava in turco (io sono un po’ abbronzato, Leila molto e tiene i capelli ricci). I nostri vicini di tavolo provano ad intavolare una conversazione in inglese, però vanno avanti poche parole. L’atmosfera però è più che amichevole e si finisce con un “Italia beautiful”, “No Turchia beautiful”, ognuno apprezza la terra dell’altro.
Dopo cena mi metto a guardare un po’ il rito di pulizia prima delle preghiere. Ci mescoliamo un po’ con la gente, la festa è incredibile. A malincuore usciamo e torniamo alla fermata dell’autobus per rientrare.
Prima di arrivare ci fermiamo davanti alla Moschea Blu a bere un çay che porta un tizio che gira. Purtroppo è dentro ad un bicchiere di carta, ma la vista lo rende uno dei più buoni mai assaggiati.
Ogni tanto qualcuno mi chiede cosa mi spinga a viaggiare così, spesso scomodo, a fronteggiare problemi, ad avere intoppi anche a comprare anche un solo biglietto dell’autobus. Be’, ripenso a questa serata, al nostro vicino di tavolo che voleva parlare con noi, al piccolo angolo di vita turca rubato e capisco che questo è uno di quei momenti che … ha reso la mia vita degna di essere vissuta.